orientalismo in musica: Bourgault-Ducoudray e la musica modale

 

Louis Albert Bourgault-Ducoudray (d'ora in poi B.D.) fu un compositore e didatta francese di origine bretone. Nonostante fosse destinato dalla famiglia agli studi di diritto, si dedicò tuttavia alla composizione diventando nel 1878 anche docente di storia della musica al conservatorio di Parigi.

Fin da giovane si interessò alla musica popolare ed in particolare, tra il 1873 e il 1878 approfondì quella che lui definiva la musica "orientale" attraverso dei viaggi di studio in Grecia e nel vicino Oriente. Come fa notare Ed Emery autore di un paper che è stato recentemente presentato a Parigi (link al suo intervento qui) Bourgault aveva principalmente tre obiettivi: "resuscitare le antiche scale greche per reintrodurle nella musica classica europea, riformare le pratiche millenarie della musica sacra ellenica (di cui evidentemente aveva un'opinione molto bassa) e introdurre le armonizzazioni e la polifonia nella musica popolare greca, in modo da rompere l'immobilità della cultura musicale orientale e introdurla nella civilizzata cultura musicale classica europea". 

Tali obiettivi si inseriscono perfettamente nel contesto ideologico coloniale di fine XIX secolo per cui le potenze occidentali (con Francia e Inghilterra in testa) si autoassumevano una missione civilizzatrice oltre che di governo delle popolazioni sottomesse. 

Nel caso di B.D. la sua "missione" in campo musicale come abbiamo visto si indirizzava da un lato a vivificare la musica classica occidentale (che egli evidentemente percepiva come decadente) attraverso il richiamo a modelli della Grecia pre-cristiana e pre-ottomana (progetto peraltro già messo in campo a inizio '600 proprio in Italia con la nascita della monodia accompagnata) e d'altra parte ad arricchire le tradizioni musicali presenti in Grecia, che probabilmente riteneva barbarizzate dal contatto con la musica orientale. attraverso l'ibridazione con l'armonia occidentale. 

Si tratta di un progetto culturale che potremmo sicuramente definire orientalista in quanto proietta anche sulla cultura musicale i pregiudizi che la civiltà occidentale porta sui popoli "altri", siano essi effettivamente "orientali" o no. Tale pregiudizio consiste essenzialmente nel considerare questo altro come più "barbaro", cioè meno "progredito" o "sviluppato", ma proprio per questo più vicino all'origine delle cose e più vitale rispetto alla civiltà occidentale.

La percezione di B.D. della musica della chiesa ortodossa esemplifica il suo punto di vista sull'altro di cui parlavamo (il seguente passaggio è tradotto dal saggio di Ed Emery reperibile qui):

"Non c'è nulla di più abietto, di più barbaro, di più ripugnante per l'orecchio europeo che il canto che si può ascoltare nelle chiese orientali. Questi intervalli diversi da tono e mezzo tono, che il più delle volte sono solo note stonate, quelle voci belanti, quel canto nasale, quel monotono, insipido e miserabile ison (il bordone tipico del canto ecclesiastico orientale, n.d.a.) che ha su una melodia espressiva l'effetto che ha uno spiedo su un corpo umano" 

Un giudizio sprezzante su una tradizione millenaria, che secondo la sua ottica ha bisogno di uscire dall'immobilità probabilmente rappresentata proprio dall'ison descritto nel passaggio precedente. Più avanti, riguardo il timbro vocale, definito come "nasale" nota come "oggi la maggior parte del gusto europeo rigetterebbe questa cosa bizzarra come una mostruosità"

Da un lato quindi l'intonazione delle note, che risulta stonata all'orecchio di B.D., dall'altro l'asprezza del timbro vocale che viene rigettato in virtù della sua "nasalità". 

Tali caratteristiche potrebbero tranquillamente essere applicate alla musica di tradizione orale di una regione come la Calabria. E' un dato di fatto, ad esempio, che a partire da un certo momento storico lo stesso popolo portatore di quella cultura "barbarica"  abbia rigettato i modi di fare musica tradizionali per assorbire modelli culturali trasferiti dall'alto attraverso i mezzi di comunicazione di massa (ma questa è un'altra faccenda da approfondire in tempi e modi opportuni)

Ritornando a B.D. il fatto che egli consideri alcune note come semplicemente "stonate" implica che egli consideri quelle stesse note come essenzialmente non intenzionali e quindi "false", o "non esistenti". Da una parte questo implicherebbe la mancanza di un'adeguato apprendimento musicale e dall'altro mette in dubbio l'intenzionalità di alcuni aspetti del fenomeno musicale in oggetto. Anche questi pregiudizi sono perfettamente applicabili alla nostra musica di tradizione orale, per cui il tema dell'intenzionalità e dell'apprendimento delle abilità musicali diventa centrale nel giudizio su questo tipo di musica. Il pregiudizio che spesso viene espresso si traduce infatti in "correzioni" apportate sul timbro e sull'intonazione nel momento in cui si ripropongono melodie tradizionali (in particolare nel canto) e in un presunto "spontaneismo" delle modalità esecutive tradizionali, il che toglie valore al processo di apprendimento che, seppur in modi diversi, avviene anche all'interno delle culture tradizionali.

Il progetto di B.D. prevedeva quindi l'arricchimento di queste barbare melodie attraverso l'introduzione della polifonia e dell'armonia. In questo senso la risposta dell'archimandrita Afthonidis, informatore del musicologo francese è eloquente (traduco nuovamente dal saggio di Ed Emery): "certe melodie che tu consideri nude (e quindi bisognose di armonizzazione), per me sono sufficienti a commuovermi fino alle lacrime". Questa risposta lascia trasparire un ulteriore pregiudizio di B.D. nei confronti delle musiche orientali, ovvero il fatto che l'armonia occidentale sia capace di per sé stessa di arricchire una melodia monofonica e sia quindi implicitamente una forma musicale superiore rispetto a quest'ultima.

Le musiche "orientali" si basano invece su un altro principio, ovvero quello dell'eterofonia, per cui è la fissità stessa della melodia che viene messa in questione (leggi qui e qui due post su questo argomento) ed è proprio lo sviluppo melodico stesso a mettere in questione l'idea di armonia in senso occidentale.

Nella sua ignoranza della cultura musicale legata al Maqam e nel suo sistematico disprezzo di un linguaggio sconosciuto e di cui non poteva che percepire (e non capire) le inflessioni, B.D. aveva trascritto e armonizzato le melodie che aveva appreso in Grecia dal suo punto di vista migliorandole ma in realtà, come scrive Ed Emery "riguardo la qualità dei suoi adattamenti musicali di musiche greche, è difficile non giudicarle essenzialmente come trite e banali in rapporto alla grande tradizione musicale da cui sono state riprese". 

Un ultimo aspetto interessante (e importante) di questa storia è rappresentato da uno strumento, il pianoforte, che B.D. voleva introdurre in Grecia per agevolare la propria missione civilizzatrice: "Ducudray aveva deciso che l'unico modo di educare i greci a cantare intonati era quello di educarli per mezzo di pianoforti ed organi". Anche questo aspetto può essere immediatamente riportato alla nostra tradizione musicale in cui l'introduzione dell'organetto che, sebbene adattato ai diversi contesti locali ha tuttavia rappresentato un motivo di standardizzazione sia timbrica che melodica all'interno delle musiche di tradizione orale soppiantando o influenzando strumenti come la lira o la zampogna ( a proposito di questo meccanismo vedi questo video dedicato da Daniele Bicego alla musa delle quattro province e di come la sua accordatura sia stata influenzata dal fatto di suonare insieme alla fisarmonica). E' evidente come uno strumento come il pianoforte in questo senso e come giustamente nota Ed Emery, sia assimilabile al ruolo dell'artiglieria nel processo di conquista coloniale.

Fortunatamente il progetto di B.D. non ha prodotto i risultati che egli stesso sperava e la cultura musicale greca si presenta oggi come essenzialmente a cavallo tra oriente e occidente ed è in qualche modo sopravvissuta ai tentativi di normalizzazione dei vari regimi autoritari che si sono susseguiti in Grecia.

Le pubblicazioni di Bourgault-Doucudray sono consultabili qui insieme ad altro materiale messo a disposizione da Ed Emery a cui vanno i nostri rigraziamenti per la segnalazione e la condivisione del materiale.

Autore: Amedeo Fera

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