giornate di studio "EXPÉRIMENTER LE TIMBRE DANS LES PRATIQUES VOCALES ET INSTRUMENTALES DES MUSIQUES MODALES"


Nei giorni 15 e 16 aprile 2021 si è svolta in modalità telematica la conferenza dell'università Paul Valery di Montpellier (link al programma qui) intitolata "sperimentare il timbro nelle pratiche vocali e strumentali delle musiche modali". Gli interventi riguardavano prevalentemente la musicologia medioevale con alcune interessanti aperture al mondo dell'etnomusicologia, della liuteria storica e di altre discipline suscettibili di apportare contributi alla migliore comprensione della musica di epoche passate.
La questione del timbro è spesso considerata in maniera marginale nel mondo della cosiddetta interpretazione "storicamente informata", ed è forse l'elemento che risente di più dei pregiudizi dovuti ai parametri estetici ereditati dalla cultura musicale accademica, ancora di stampo romantico (come è stato detto da uno dei relatori).
Il timbro è infatti per sua natura l'elemento più sfuggente del fenomeno musicale, forse quello che può essere descritto in maniera meno precisa e quindi difficilmente "ricostruibile" nell'ottica della prassi filologica.
Le sessioni sono state aperte dal liutista Francis Biggi tra i primi italiani a interessarsi ai repertori musicali del medioevo e del primo rinascimento che ha affermato l'impossibilità di arrivare ad una rappresentazione oggettiva delle musiche del passato come forse si pensava, in maniera un po' naif, nella fase di avvio della prassi storicamente informata. Riguardo l'aspetto timbrico, Biggi sottolineava come anche un termine come quello di dulcedo ampiamente citato nelle fonti storiche, si presti in realtà a innumerevoli interpretazioni che lasciano spazio ad altrettante realizzazioni nel momento in cui la musica viene eseguita.
Altro aspetto interessante riguarda l'interazione tra la prassi storicamente informata e l'etnomusicologia, che spesso ci restituisce un'idea timbrica molto lontana dall'idea sonora a cui siamo abituati dalle interpretazioni correnti. Biggi ha mostrato diversi esempi di strumenti assimilabili al liuto caratterizzati dall'uso del plettro e da attacchi molto percussivi. Sebbene un approccio del genere sia documentabile nell'iconografia e "funzioni" bene nell'esecuzione di musiche come la polifonia del '300 (Biggi faceva l'esempio delle chansons di Machaut) un approccio simile viene sistematicamente tralasciato perché non è ancora accettato dall'estetica corrente e dai festival di musica antica legati ad una certa "immagine" timbrica del liuto. Infine, Biggi si è soffermato sulla radicale differenza delle modalità di trasmissione della cultura musicale delle epoche passate: il rapporto tra oralità e scrittura è infatti, in quei contesti, rovesciato e favorisce l'apprendimento per assimilazione e ripetizione più che per via analitica come avviene (necessariamente) nella prassi storicamente informata.
Tra gli interventi più interessanti dal punto di vista della ricerca su uno strumento come la Lira, Thilo Hirsch, dell'università di Berna, che al momento sta conducendo una ricerca sul rabab e la ribeca, ha analizzato nel suo intervento un'immagine rappresentante uno strumento ad arco contenuta nell'Apocalisse di Silos, un manoscritto mozarabico dell'VIII secolo. L'analisi è stata effettuata attraverso la metodologia elaborata da Erwin Panofsky negli anni '30 per l'analisi iconografica. Dall'intervento è emerso come l'aspetto simbolico, in rappresentazioni medievali possa avere un peso molto rilevante anche per l'interpretazione delle caratteristiche costruttive di alcuni strumenti.
Jacob Mariani, musicologo, liutaio e membro dell'ensemble Rumorum ha delineato l'evoluzione della lira da braccio soffermandosi sulla discendenza di questo strumento dalla viella medievale e del primo rinascimento. Studi correnti hanno individuato due principali varianti della viella o viola, da cui la lira da braccio discenderebbe: una dedicata al fraseggio melodico e virtuosistico e l'altro caratterizzato da un'esecuzione "a bordone" per l'accompagnamento del canto. Il contributo di Mariani ha apportato alcuni ulteriori elementi iconografici che vanno nella direzione di una dicotomia meno netta tra i due strumenti ( ovvero la "protolira" e il "protoviolino") attraverso l'utilizzo di un ponticello leggermente arcuato invece che piatto che avrebbe potuto permettere due diverse modalità esecutive, ovvero l'accompagnamento a bordone e la realizzazione di figurazioni melodiche.
il liutaio Christian Rault  ha cercato di definire le caratteristiche del timbro cercando di mettere ordine nel vocabolario utilizzato per descriverlo, spesso molto vago e impreciso. 
Marti Beltran  si è soffermato su un approccio ricostruttivo basato sullo studio delle tecniche medievali di costruzione di strumenti musicali ed in particolare su quanto contenuto nei trattati De diversis artibus di Teophilus o del Liber diversarum arcium riguardo le vernici in uso tra XII e XIII secolo.
Bor Zuljan liutista e chitarrista di origine slovena ha presentato la sua ricerca in collaborazione con il liutaio Cesar Arias sulla ricostruzione di un "bray lute", un liuto dotato di un timbro "ronzante" assimilabile a strumenti orientali come il tar. La ricerca nasce da un passaggio di Vidal, allievo del liutista Vincenzo Capirola che nel suo manoscritto parla del suono del liuto che "arpiza". Questo passaggio viene interpretato da Zuljan come riferito al caratteristico suono ronzante dell'arpa gotica o bray harp. Da qui l'idea di ricostruire un liuto che potesse avere tale suono. Poiché nell'iconografia sono presenti numerosi esempi di liuti con tasti doppi o tripli, l'ipotesi formulata è che questi potessero servire a produrre il ronzio come avviene nel Tar. E' stato quindi ricostruito un liuto con questa caratteristica partendo da uno strumento rinascimentale (un liuto di Hans Frei custodito al Kunsthistorische museum di Vienna). Il risultato di questo esperimento è stato registrato nel disco Josquin - adieu mes amours di Zuljan (link al brano La Bernardina qui). Durante la sessione di domande e risposte è stato sottolineato come questi timbri così particolari stentino ad essere accettati da un pubblico abituato ad un'immagine sonora delle musiche del passato ancora nettamente influenzate da un'idea di suono derivante dall'estetica sonora del romanticismo. 
Olivier Feraud , liutaio e musicologo ha posto in relazione il timbro con alcuni aspetti culturali che ne influenzano la percezione e lo collegano a determinati ambienti sociali. Feraud ha parlato in particolare della viella come uno strumento dal corpo relativamente grande e dalle buche relativamente piccole, che produce un suono pieno e pulito associandolo ad un milieu aristocratico e raffinato contrapponendo a questa concezione timbrica quella delle piccole vielle piriformi (denominate rabel o ribeche) che al contrario in virtù delle aperture piuttosto grandi in relazione al corpo piccolo dello strumento, producono un suono più concentrato negli acuti e percepito come "urlante" e conseguentemente associato ad un ambiente sociale meno aristocratico. Feraud ha in questo senso sottolineato come non si possa vedere lo sviluppo degli strumenti in modo evoluzionista o arcaista ma attraverso questa chiave di lettura ha messo in evidenza come il timbro sia dipendente da fattori sociali e culturali.
i colloqui sono stati organizzati dal CIMM, il centro internazionale di studi sulla musica medievale collegato all'università di Montpellier.

autore: Amedeo Fera

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