colloquio con Derya Turkan: nuove prospettive per la famiglia della lira


 Derya Turkan è fra i musicisti più interessanti nel panorama degli strumentisti che si dedicano al Kemençe, la lira di Istambul (vedi qui un post su questo strumento). Allievo di Ihsan Ozgen (il musicista che più ha contribuito alla diffusione del kemençe nella seconda metà del '900), ha cominciato a suonare lo strumento all'età di 11 anni e da allora ha avuto modo di accumulare esperienze artistiche con musicisti di varie estrazioni e generi: da Jordi Savall e il suo Hesperion XXI (vedi, ad esempio l'album Istambul dedicato a Dimitrie Cantemir) al contrabbassista jazz Renaud Garcia-Fons, con cui ha pubblicato il bellissimo album Silk Moon, all'orchestra diretta da Kudsi Erguner, virtuoso del Ney, con cui ha avuto modo di lavorare a progetti sperimentali come Islam Blues, fino alla musica da film (Argo, The eye of Istambul, Sevan the Craftsman).

Questa varietà di collaborazioni ha permesso a Derya di sviluppare sullo strumento un linguaggio molto personale e ricco di influenze, per così dire esterne, rispetto alla musica che tradizionalmente viene eseguita con questo strumento, ovvero la musica classica ottomana. 

La nostra intervista, che non siamo riusciti a pubblicare come normalmente facciamo in video, ha però  toccato diversi punti interessanti: innanzitutto Derya ci ha raccontato di come questo strumento, proveniente dalla comunità greca presente ad Istambul a fine '800 sia passato, grazie al musicista Tamburi Cemil Bey  ad eseguire musiche del repertorio di palazzo della capitale turca. In questo senso, ci spiegava Derya, c'è una differenza stilistica tra lo stile greco, basato sulle danze tradizionali come lo Hasapiko, con un fraseggio molto ritmico (e il conseguente utilizzo di un arco corto e spesso con i sonagli) e la tecnica elaborata da Cemil Bey, molto più cantabile ed affine allo stile vocale turco. Dopo questo passaggio è grazie ad Ihsan Ozgen a partire dalla metà del '900 che lo strumento si è diffuso in maniera sempre maggiore nella società turca, che aveva attraversato un momento di rifiuto per le tradizioni ottomane con l'instaurazione della Repubblica Turca. Derya tuttavia ci ha detto che, nonostante negli ultimi anni sempre più persone si siano avvicinate allo strumento nel suo paese, l'attenzione maggiore a questo strumento viene dall'estero più che dalla stessa Turchia.

Derya vorrebbe che il kemençe venisse considerato, similmente a quanto avviene con altri strumenti come il violino, per se stesso e non esclusivamente come uno strumento turco. Secondo lui il timbro della lira di Istambul si presta ad essere inserito in diversi contesti musicali e può esprimere emozioni molto variegate: dalla profondità e dolcezza del fraseggio più lirico alla gioia e allegria che proviene dal fatto che questo strumento era un tempo deputato a far danzare nelle occasioni festive.

Altro interessante argomento che è emerso dalla conversazione riguarda la differenza di approccio pedagogico allo strumento in Turchia e in Europa: In Turchia infatti l'insegnamento dello strumento ha sempre presente l'obiettivo di permettere a chi lo suona di esprimere le proprie emozioni perché possano raggiungere un pubblico, la tecnica quindi, che pure viene affrontata è sempre al servizio dell'espressività. In secondo luogo, c'è una relazione molto stretta con il canto, che permette di interiorizzare meglio la "lingua" musicale che si sta studiando. Infine il metodo di insegnamento è basato molto sull'ascolto e l'improvvisazione trova un largo spazio all'interno del percorso di apprendimento.

Nel salutarci abbiamo tutti concordato nell'augurarci che la grande famiglia delle lire del mediterraneo possa un giorno avere più spazio all'interno del panorama musicale internazionale e che possa attirare l'attenzione e il sostegno di politiche culturali volte a sostenerne e a diffonderne la pratica.

Autori: Amedeo Fera, Vincenzo Piazzetta


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