colloquio con Anna Maria Civico: il corpo della voce

 

Anna Maria Civico ha svolto fin dalla fine degli anni '70 una ricerca molto interessante sulla vocalità tradizionale e sul suo significato più profondo nel mondo agropastorale. Nella sua città di origine, Catanzaro, si era avvicinata ai gruppi di ricerca sulle musiche di tradizione orale attivi sul territorio come la cooperativa R.L.S. da cui nacquero i Re Niliu.

Il suo percorso personale è  però partito da un lavoro teatrale ispirato anche agli insegnamenti di Jerzy Grotowsky in cui ha cominciato a mettere in relazione la ricerca sul canto con la corporeità. Trasferitasi a Roma ha conosciuto il lavoro che faceva in quel periodo Giovanna Marini teso a svincolare la voce dalle qualità belcantistiche che spesso le erano associate. 

La sua ricerca tendeva quindi a recuperare la granulosità della voce che è una qualità imprescindibile della musica di tradizione orale italiana. Un altro asse della sua ricerca si è poi rivolto alla relazione tra paesaggio sonoro e fonosfera, cioè di come la qualità sonora dell'ambiente influenza le modalità culturalmente elaborate della musicalità e del canto. In questo senso Annamaria ha sottolineato nel colloquio come il corpo debba essere considerato lo strumento della voce: l'acquisizione di tecniche adeguate ad un certo tipo di produzione vocale passano perciò da una certa conformazione ed educazione del corpo che favorisce le pratiche di emissione proprie di una certa modalità di canto. Mentre nelle società agropastorali questa "educazione" corporea era data dal lavoro stesso, oggi il lavoro fisico deve essere fatto attraverso un approccio al teatro e al movimento.

L'idea di una forma di compensazione del lavoro fisico svolto dai nostri antenati con un equivalente lavoro mirato all'acquisizione di determinate abitudini corporee e di tecniche espressive, è, a mio parere un'idea preziosa se si vuole cominciare a pensare alla musica popolare non come ad una versione semplificata della musica d'arte ma ad una forma autonoma di espressività artistica.

Il corpo come strumento della voce ha quindi degli interessanti punti di contatto con la concezione e la lavorazione del corpo sonoro di uno strumento musicale: in entrambi i casi la qualità delle forme e del lavoro a cui la "materia prima" sia essa umana, vegetale o animale viene sottoposta ha un'influenza diretta sulla qualità sonora della voce (sia essa voce umana o voce strumentale) e di conseguenza sulla musica che attraverso il suono viene prodotta.

E' un percorso inverso rispetto a quello che dall'idea musicale ritmico-melodica arriva all'attività performativa: in questo caso infatti, si potrebbe dire che è l'idea musicale ad emergere dalla materia sonora di cui è composta. Anna Maria diceva ad esempio di come i canti polivocali nella tradizione orale sono spesso considerati delle entità unitarie e non già l'insieme di più voci: ricordava infatti di come alcuni cantori popolari non riuscissero più a cantare in caso di assenza delle persone con le quali erano solite fare musica. 

In questo senso Anna Maria sottolineava come la trasmissione orale di una cultura musicale così organica e strettamente legata ai cicli biologici, per così dire, corrisponde a trasmettere la vita.

Il nostro auspicio è che questo tipo di confronti possa allargarsi e aprire un dibattito sul posto della cultura di tradizione orale nella società contemporanea e di come questo tipo di cultura, che come diceva Anna Maria è principalmente comunicativa e non performativa, possa integrarsi in un sistema socio-economico come quello che viviamo.

autore: Amedeo Fera

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