Le pive di Joan ambrosio Dalza e la lira di Carlo Farina

 


Nel 1508, l'editore Ottaviano Petrucci pubblicò a Venezia un libro di intavolature per liuto del liutista lombardo Joan Ambrosio Dalza. Questa raccolta di composizioni (consulta qui  la scansione del libro) contiene in larga parte delle danze, probabilmente di origine popolare, che vennero adattate da Dalza al suo strumento. Il liuto, strumento il cui uso polifonico si affermava proprio in quel periodo, aveva la possibilità di realizzare tutte le parti implicate nei brani. Le composizioni di questa raccolta possono essere infatti suddivise orientativamente in tre gruppi: 

- tastar de corde e recercari: Si tratta di "preludi" alle danze e brani basati sul procedimento imitativo che sfruttano le possibilità polifoniche di uno strumento come il liuto. Probabilmente si tratta di composizioni che possono essere assimilate per funzione alle arie per lira che abbiamo visto in questo post, avendo il duplice scopo sia di "riscaldare" il musicista che preparare alla danza o fungere da intermedio.

- danze: in questa raccolta sono presenti diversi tipi di danza: la calata alla spagnola e all'italiana, il caldibi castigliano, ma soprattutto la successione Pavana-Saltarello-Piva (vedi qui un esempio): La Pavana è una danza lenta e solenne, il salterello è più movimentato ritmicamente, mentre la Piva, come dice il nome stesso richiama il fraseggio della cornamusa. 

- frottole: si tratta di composizioni, originariamente per voci, riadattate all'esecuzione per uno strumento polifonico come il liuto. La frottola è un genere molto popolare ad inizio '500 che rispetto al madrigale, che si affermerà una ventina d'anni dopo tende ad avere una voce principale rispetto alle altre che compongono la polifonia.

Tra le intavolature presenti in questa raccolta, le pive hanno un interesse particolare ai fini del nostro discorso sulla lira. Come abbiamo visto infatti, c'è una relazione abbastanza stretta tra la lira ed alcuni aerofoni a sacco per cui, indirettamente, queste composizioni potrebbero fornire utili indicazioni su un possibile repertorio collegabile a quello della lira. Tra i brani della raccolta, quello seguente è fra i più eseguiti. Si tratta di una piva "alla ferrarese" come scrive Dalza nel suo libro:


Colpisce subito l'affinità tra i brevi temi del liuto, spesso  ripetuti e alcuni fraseggi tipici della lira in Calabria. Per di più la struttura armonica che regge le frasi, data dal basso suonato dal pollice nella versione liutistica, corrispondono alle due armonie che si possono ottenere con i bicordi suonabili sulla lira cioè tonica e dominante.
Ovviamente si tratta di abitudini melodico-armoniche che si ritrovano anche nel repertorio della zampogna ma  possiamo ragionevolmente supporre che alcune di queste caratteristiche siano compatibili con uno strumento che ha una concezione alquanto simile, almeno stando a quanto ci è pervenuto attraverso la tradizione popolare, a quello delle pive, essendo basato sull'uso del bordone.

Altri strumenti, affini per concezione alla lira calabrese sfruttano anch'essi l'uso del bordone per realizzare un accompagnamento alla melodia. Tra questi la ghironda chiamata anche lira Tedesca, lira rustica o lyra pagana, la lira da braccio e il lirone o lira da gamba, tutti strumenti accomunati dal fatto di utilizzare corde di bordone per sostenere la melodia. Sembra che il termine lira abbia a che fare con questo tipo di pratica,  richiamata anche nella lyra-viol un modo di suonare la viola da gamba basato sull'uso di accordi e note sostenute.

Tale caratteristica sembra così idiomatica per questi strumenti che un compositore italiano del primo '600  emigrato in Germania, Carlo Farina, nel suo capriccio stravagante dedica due brani proprio alla lira (la lira e la lira variata): si tratta di brani che hanno come caratteristica l'uso di corde doppie, effetti di bordone e pedali, principalmente in quarte e quinte: uno stile basato sulle corde a vuoto e sulla polifonia.

Qui di seguito i brani in questione:





autore: Amedeo Fera

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