Strumenti e campane: Il paesaggio sonoro riflesso nella concezione degli strumenti musicali

 

l'abbazia di Sainte Geneviève du Mont come probabilmente appariva ai tempi di Marais

Nel 1723 Marin Marais, uno dei compositori e gambisti più importanti del '700 francese pubblicò una composizione intitolata Sonnerie de Sainte-Geneviève du Mont de Paris. Si tratta di un Morceau de symphonie, ovvero di un brano concertante scritto per violino, viola da gamba e basso continuo. E' un brano molto eseguito e caratterizzato non già dal protagonismo del violino ma dal virtuosismo della viola da gamba che utilizza diverse tecniche che Marais aveva appreso dal suo maestro Monsieur de Sainte Colombe. L'intera composizione è basata su un basso ostinato che è assimilabile a quello della ciaccona o della passacaglia formato da una serie di tre note contigue discendenti: nel caso della sonnerie si tratta delle note RE-FA-MI. Questa serie di note dovrebbe riprodurre il rintocco delle campane dell'antica abbazia parigina di Sainte-Geneviève che in effetti si sentono risuonare per tutto il brano. Qui di seguito una versione eseguita dall' Ensemble Fantasticus:


Il concetto di virtuosismo espresso dalla viola da gamba non è sicuramente quello che potremmo immaginare oggi ma è al contrario strettamente correlato proprio al concetto di risonanza richiamato dalle campane evocate dal titolo della composizione. 

Nelle note introduttive al CD di Vittorio Ghielmi e Luca Pianca La force et la douceur, Ghielmi spiega la concezione sonora che sta dietro a questo tipo di musica, sicuramente in stretta relazione con il paesaggio sonoro circostante se è vero che, come scrive Hubert Leblanc autore di una "difesa della viola da gamba" contro il violino, che il celebre compositore Lully si era trasferito nei pressi della chiesa di St. Germain perché il suono delle campane lo aiutasse nella composizione.

Scrive Vittorio Ghielmi: "Dunque la scrittura musicale (la melodia, il 'pezzo') non è che una sorta di pretesto, per questi violisti, per far apparire un universo nascosto nella risonanza (...) esattamente come la bellezza di un concerto di campane non consiste nelle quattro note 'principali' ma nell'universo delle relazioni che i corpi sonori manifestano durante la vibrazione". Si tratta di una filosofia sonora sicuramente molto distante da quella odierna, che però ritroviamo appunto in strumenti come la viola da gamba il liuto e il clavicembalo, concepiti appunto per risuonare ma sorprendentemente (?) anche in strumenti di estrazione popolare come la zampogna, la lira e la chitarra battente, in cui la risonanza ha un peso fondamentale (se non fondante) e costituisce una parte consistente del risultato sonoro finale. 

Anni fa, leggendo un lavoro di Antonello Ricci sui cugini Nigro, cantori e suonatori tradizionali dell'area del rossanese, ero rimasto colpito dal fatto che Luigi Nigro, suonatore di zampogna e pastore, accordasse la propria zampogna con i campanacci dei suoi animali accompagnandoli al pascolo. In questo modo Luigi creava un universo sonoro in cui la zampogna non era che uno dei tasselli che realizzavano l'armonia data dai campanacci: anche in questo caso, la bellezza del concento sta non tanto nelle note, ma nel "mare" di risonanze dato dai campanacci e dalla zampogna. Lo stesso strumento, composto in Calabria da due canne melodiche e da un numero di bordoni che può andare dai due ai quattro, si basa più sulle risonanze reciproche tra le canne sonore che sulle melodie, molto limitate nell'estensione e nell'articolazione anche rispetto ad altre cornamuse in uso nell'Europa continentale.

La stessa filosofia sonora si può riscontrare nella lira, in cui la corda centrale diventa un bordone che fornisce quella risonanza da cui può emergere una melodia. Come abbiamo avuto modo di discutere nell'intervista con Jouhiorkesteri, non è la stessa cosa eseguire una melodia con quattro violini o con quattro lire ad arco come lo Jouhikko: la risonanza fornita dal bordone di questi strumenti e dall'eterofonia che caratterizza la loro modalità esecutiva infatti, colora la melodia, anche se eseguita all'unisono, facendo emergere delle risonanze che non sarebbero possibili da ottenere con un quartetto d'archi.

Significativo anche il fatto che, come riportato da diverse testimonianze raccolte dagli etnomusicologi (cfr. ad esempio questa pubblicazione di Goffredo Plastino su Reginaldo D'Agostino) la lira venisse accordata con le campane della chiesa del paese, quasi a voler partecipare a quella risonanza cosmica esemplificata dal suono delle campane: "Un universo sonoro, quello degli armonici e dei loro rapporti - scrive Ghielmi - che per l'uomo antico è analogo all'ordine cosmologico e sua immagine, e che nel suono si può toccare fisicamente".

E' indubbio che, al di là della distanza sociale e temporale che separa Marin Marais dai nostri pastori, essi condividono una visione del fenomeno sonoro veramente  molto simile.

autore: Amedeo Fera

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